Recensione: “Drive My Car” (2021)

Classificazione: 5 su 5.

Ad un passo dalla notte degli Oscar non potevo non guardare il film più premiato in assoluto della stagione cinematografica e candidato a Miglior Film (primo lungometraggio Giapponese della storia), Miglior Regia, Miglior film internazionale e Miglior sceneggiatura non originale.

“Drive My Car” racconta di un attore e regista teatrale dall’animo inquieto, dopo aver subito nella vita diversi traumi che ne hanno segnato l’esistenza.

Viene contattato per dirigere una rappresentazione de “Lo Zio Vanja” di Checov, in versione multilingue (giapponese, coreana, inglese e lingua dei segni). Per tutta la durata del lavoro non potrà guidare la sua vecchia auto rossa e sarà una giovane autista ad accompagnarlo. In quei viaggi entrambi si apriranno l’uno all’altro, capendo di essere molto simili… e nulla sarà più come prima.

Quest’opera è il classico esempio di come con poco si possa realizzare qualcosa di grandioso e potente, se hai realmente qualcosa da raccontare. Un film di ben tre ore fatto praticamente solo di parole e di dialoghi, ma se si ascolta bene non c’è nulla che non sia detto per un motivo ben specifico.

L’auto del protagonista rappresenta la sua vita e questo viaggio è un modo per ripercorrerla e dare un senso al suo passato, al presente e al futuro ma mai si sarebbe aspettato che la sua vita sarebbe stata “guidata” da un’altra persona.

Man mano le loro vite così apparentemente diverse si uniscono sempre di più come delle strade traverse che confluiscono in un’unica più grande.

La cosa davvero interessante è che questo film parla di vita e di morte e di come affrontare la propria esistenza e gestire il proprio dolore, ma lo fa con il classico stile giapponese, senza enfatizzare nulla, senza voler per forza farci piangere, senza colonna sonora strappalacrime. Tutto è misurato e siamo noi spettatori che dobbiamo cogliere le sfumature delle emozioni dei protagonisti.

Consigliato solo agli amanti dei film d’autore, che non hanno paura di opere lunghe e fatte esclusivamente di sole parole… ma per come la vedo io non c’è nulla di più bello ed intenso. Questo è vero cinema.