Marco Giallini e il toccante ricordo di sua moglie Loredana.

“Avevo appena finito il militare e facevo il “bibitaro”, portavo le bibite con il camion.
Con le ragazze non ero capace, però andavo in moto e questo piaceva.
Loredana mi è stata dietro tre anni.
Finché una sera, fuori dalla discoteca, le ho detto: “Allora mettiamoci insieme”.
È durata 25 anni.
Eravamo legatissimi e io tornavo sempre a casa.
Era mia madre, mia moglie, tutto.
Una sera scoprii che lei, per la prima volta, era andata a ballare con un altro.
Così presi la moto e corsi in quella discoteca.
Me la ricordo ancora, c’era un Jovanotti ragazzino in consolle.
Non fu una cosa molto romantica, ero irascibile a quei tempi: afferrai Loredana e me la portai via.
Sono sempre rimasto un tipo geloso. Negli anni ci siamo fatti delle litigate epocali, io e Loredana.
Diventavo matto perfino se la guardava un cameriere.
Però era bello fare l’amore dopo.”
«Da un paio di giorni aveva un fortissimo mal di testa, ma vai a pensare… Lei e i bambini (che all’epoca avevano 6 e 13 anni) stavano per partire per il mare, sarebbero rimasti in vacanza un paio di mesi.
Invece, ha chiuso gli occhi e mi si è accasciata fra le braccia mentre chiacchieravamo.
Io le parlavo all’orecchio, ma mi sono accorto che parlavo da solo, e ho maledetto Dio.
Ha vissuto altri due giorni, ma senza riprendere conoscenza.
Se non lo provi non lo puoi capire».
«La sua morte è un evento che né io né i miei figli abbiamo mai metabolizzato. Non ne abbiamo mai parlato.
Non siamo mai andati al cimitero insieme, anzi, in 7 anni, al cimitero sono andato due volte in tutto.
Le fotografie le ho a casa, ma non le guardo, non è roba per me perché lei è ovunque, nei ricordi, nelle stanze, nei viaggi a Barcellona che non farò più. «Rocco e Diego sono bravi in tutto, proprio come lei.
Alle volte ci basta uno sguardo: loro vedono il mio dolore, e io il loro, e rimaniamo attaccati.
Poi ognuno ha il suo modo, il suo metodo molto personale per uscire.
È così la vita…» (Vanity Fair – 2019)