Recensione: “Povere creature!” (2023)

Candidato a undici Oscar e vincitore del Leone d’oro a Venezia eccomi finalmente a parlare di “Povere creature!”, nuova opera di Yorgos Lanthimos, cineasta greco che già con i suoi primi lavori in lingua inglese, “The Lobster”, “Il sacrificio del cervo sacro” e “La Favorita” aveva mostrato al mondo uno stile davvero personale e unico e soprattutto con l’intento di non piacere per forza a tutti, creando situazioni scomode, grottesche ed eccessive, ma sorrette però da basi solide e ovviamente questo film non fa eccezione.

L’opera è tratta dal romanzo omonimo del 1992 di Alastair Gray e ci catapulta in un mondo fantasy/vittoriano dove uno scienziato sfigurato che si fa chiamare God (Dio), interpretato magistralmente dal solito Willem Dafoe, dona di nuovo la vita ad una donna suicida, mettendole il cervello del suo bambino che portava in grembo. Da quel momento Bella (il nome della protagonista) dovrà iniziare ad approcciarsi alla vita come qualunque bambina farebbe ma in un corpo adulto. Per questo il suo scoprire il mondo e soprattutto se stessa avverrà molto rapidamente, capendo quanto sia difficile essere una donna e non poter far fino in fondo quello che si vuole ma dover dare sempre conto alle regole imposte dalla società.

È davvero un turbinio di emozioni seguire Bella Baxter nelle sue scoperte, belle o brutte che siano, attraverso i suoi occhi di bambina, per poi diventare quelli di un’adolescente, poi quelli di ragazza e infine quelli di una donna che sa quello che vuole e ha capito come porsi verso le sue emozioni e pulsioni primarie, e verso la società conformista che la circonda. Bella non ha filtri, non ha preconcetti, vuole solo essere felice e avere la sua emancipazione e questa avverrà anche attraverso incontri con pessimi personaggi (un bravissimo Mark Ruffalo in un ruolo davvero insolito) che la porteranno a relazioni tossiche, a vendere il suo corpo perché per lei fare sesso è una cosa piacevole e non un qualcosa di cui vergognarsi, per poi scoprire che però un sesso senza vero piacere non è la strada che sta cercando. Lei vuole solo imparare, scoprire, sbagliare e così grazie alle conoscenze acquisite avere finalmente la sua emancipazione.

Penso che non dare un Oscar (sarebbe già il secondo per lei a soli 35 anni) ad Emma Stone per questo ruolo sarebbe un crimine, perché il quoziente di difficoltà della prova attoriale è davvero assurdo. In un unico corpo deve mostrarsi e porsi come bambina, ragazza e adulta, ha tantissime scene completamente nuda e davvero esplicite. Un ruolo in cui ha saputo dare ogni tipo di sfumatura e che penso pochissime potessero essere così credibili ma lei ci è riuscita, probabilmente perché aveva già lavorato con il regista ne “La Favorita” e ora addirittura stanno già girando un nuovo film insieme, questa fa capire la loro intesa clamorosa, che traspare in ogni frame.

Ovviamente un opera del genere non è adatta ad un pubblico distratto o che vuole qualcosa di lineare e standard, qui c’è tanto a cui pensare mentre seguiamo la protagonista nelle sue tumultuose vicissitudini, in questi mondi colorati che sembrano quadri, in cui scenografie e costumi rendono magico il tutto. Ma capisco anche che questa crescita personale di Bella, fatta di scelte anche alquanto discutibili, possa far storcere il naso ad un pubblico femminile che preferisce l’emancipazione di “Barbie”. Sono decisamente punti di vista differenti ma con Lanthimos alla regia sai che la via più facile non sarà mai quella giusta…

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