
Avevo 34 anni quando ho doppiato Pulp Fiction, ero un “ragazzino”.
Quando sono entrato in sala quel giorno, mi ha preso un accidente; in primis perché ho visto la bravura di quel colosso di Samuel L Jackson e poi mi son detto:
“Ma io come cazzo faccio a doppiare questo qua?”
Pino Colizzi, il direttore del doppiaggio nonché voce di Michael Douglas, mi disse: “Non ti preoccupare, ti conosco abbastanza bene, vedrai che farai un ottimo lavoro”.
I due monologhi “Ezechiele 25.17” furono incisi entrambi di notte, perchè all’epoca io facevo contemporaneamente “Pulp Fiction”, “il Corvo” e “Golden Eye”…non sapevo dove dare il resto.
Quei monologhi hanno un solo tempo; fu buona la prima in tutti e due i casi, non c’è stata una seconda prova.
E’ stato culo, devo ammetterlo. Era molto difficile farlo.
Mi ricordo di aver ascoltato Samuel un paio di volte recitare i monologhi e poi ho detto a Pino:
“Dai incidi che è tardi”.
Ed è venuta bene.
Erano indubbiamente altri tempi e soprattutto altri modi di lavorare.
Ricordo che all’epoca per trovare la giusta battuta, la giusta frase, i giusti tempi, ci potevano volere ore o addirittura giorni.
Quel film lo doppiammo in due mesi…oggi lo stesso film te lo fanno doppiare in 5 giorni e il risultato non potrà mai essere quello.

Nel mondo del doppiaggio son finito quasi per caso.
Ho fatto un sacco di mestieri, anche molto umili; ho venduto le bibite sugli spalti di Vallelunga, ho fatto il restauratore di mobili antichi, ho lavorato come benzinaio, il facchino, i traslochi…tutto quello che poteva portare dei soldi a casa anche perché mio padre morì quando avevo 13 anni e quindi io e i miei fratelli ci siamo dovuti dare da fare.
Poi iniziai a lavorare come camionista tramite questo amico che faceva questi mega viaggi a Bagdad e a Teheran. Era difficile, si rischiava anche la vita, ma lo feci con grande piacere e dignità , mi sono divertito e mi ha insegnato tanto.
Un giorno, dopo essere tornato da Bagdad andai come solito a fare colazione in piazza del popolo a Roma.
Quella mattina passò al bar Pino Locchi, la voce di Sean Connery.
Non ci vedevamo da un pò e mi disse:
“Ciao come stai, che stai a fa?”
Gli risposi: “niente son qui a fare colazione, sono appena tornato dall’Iraq”…
E lui: “L’Iraq?! E che sei andato a fare in Iraq?”
Ed io: “no sai, io faccio il camionista”…
E lui: “Il camionista?? Ma tu non devi fare il camionista, devi fare l’attore! ma che stai a di?! Guarda, sto andando in uno stabilimento in via Margutta per lavoro, tra un quarto d’ora raggiungimi.
Prende e se ne va…
Io mi chiesi: “ma perché ci dovrei andare?”
Un po’ la curiosità , un po’ il fatto che quello fu il mestiere di mio padre, di mio nonno e di mia nonna, mi dissi:
Vabbè vado a salutare qualcuno…
Sono entrato la dentro e non sono più uscito.
E sapete cosa c’era?
Il doppiaggio.

Luca Ward