
Da fan di “Shameless”, quando ho visto che in questa serie su “Disney+” il protagonista era Jeremy Allen White, “Lip” per gli amanti della famiglia Gallagher, non potevo non dargli un’occhiata… e per fortuna che l’ho fatto!
“The Bear” racconta di un enfant prodige della cucina, che dopo aver lavorato nel mondo dei rigorosi ristoranti stellati, si trova a gestire e cucinare nella paninoteca di famiglia a Chicago, dopo il suicidio del fratello. Ovviamente per lui sarà un passaggio difficile, in un ambiente ostile, dove vorrà dettare nuove regole ma nessuno dei vecchi dipendenti sembra disposto ad ascoltarlo.

Inizialmente “The Bear” mi sembrava indugiasse troppo solo sui litigi dei protagonisti e nient’altro ma andando avanti ho capito che non mi ero focalizzato attentamente sul vero fulcro della storia. In realtà quella piccola, sporca e angusta cucina è il solo modo per il protagonista di tenere unita quel che resta della sua famiglia e riscattarsi, arrivando al limite e ad un passo dallo spezzarsi.

Tutti i personaggi che compongono la sua brigata nel loro piccolo hanno qualcosa da dimostrare e anche loro sotto lo sporco e unto di quegli anni passati li dentro hanno un cuore, dei sentimenti e dei sogni da realizzare. Su tutti ho amato il personaggio di Sydney, anche lei in cerca di riscatto dopo una delusione lavorativa e finita in quel luogo di lavoro solo ed esclusivamente per ripartire dal basso e dalle origini, non sapendo che la scalata sarebbe stata molto più difficile del previsto e non ancora pronta a gestire certe pressioni.

La colonna sonora è davvero la ciliegina sulla torta di questa serie, perché da il ritmo giusto ad ogni immagine, ma su tutto a brillare è una regia frizzante, incontenibile, che non si schioda mai di dosso dai protagonisti, seguendoli in modo ravvicinato ed ossessivo, indugiando sul cibo che preparano e facendoci quasi sentire il profumo che esce dai fornelli e mangiare con gli occhi. L’apoteosi stilistica della serie arriva con la settima puntata, che è praticamente tutta realizzata in piano sequenza all’interno della piccola cucina, per poi trovarci nell’ottava puntata con dieci minuti di camera fissa in primo piano sul protagonista che finalmente apre se stesso al mondo e a noi spettatori.

Allen White mi è piaciuto da matti nella sua interpretazione, e anche se al primo impatto visivamente sembra di rivedere sempre Lip di “Shameless”, ha donato un’intensità straordinaria e sfaccettata al suo Carmy Berzatto. Per me la serie poteva anche chiudersi con queste sole otto puntate, perché il finale mi ha davvero coinvolto e anche commosso ma è già stata rinnovata per una seconda stagione… e sono curioso di vedere come se la caverà questa pazza brigata di cucina.