
Normalmente si dice sempre che Wes Anderson o si ama o si odia; io vorrei aggiungere una nuova categoria, quella di chi si sta iniziando un po’ a stufare dei suoi lavori… e io ne faccio decisamente parte.

Penso che Anderson abbia raggiunto il suo apice con “Grand Budapest Hotel” (2014); li stile, trama e personaggi si univano alla perfezione, poi dopo un periodo più lungo del solito di assenza con un film con attori in carne ed ossa (nel 2018 è uscito il bel “L’isola dei cani” in stop motion) è uscito prima “The French Dispatch” (2021) che non mi aveva colpito per nulla e avevo trovato solo un esercizio di stile fine a sé stesso e poi ecco “Asteroid City” che di base di certo mi è piaciuto di più del suo predecessore ma che non mi è arrivato al cuore.

Spesso sui social si trovano immagini create con l’intelligenza artificiale su come diversi film sarebbero stati se Anderson li avesse diretti e questo in fondo è “Incontri ravvicinati del terzo tipo” by Wes Anderson. Ovviamente l’incontro con gli alieni è solo un pretesto per raccontare le diverse vite delle persone rimaste bloccate nell’immaginaria città di Asteroid City in quarantena. Quarantena che in realtà non era presente nella sceneggiatura iniziale ma il periodo storico in cui è stato girato il film ha portato a questo cambiamento e soprattutto ha tolto per la prima volta Bill Murray da un film di Wes Anderson. Infatti Bill è risultato positivo al Covid poco prima dell’inizio riprese ed è stato sostituito all’ultimo da Steve Carell.

Tornando alla trama, di certo Anderson voleva raccontare le contraddizioni degli Stati Uniti, attraverso personaggi così diversi, ma è come se il suo stile così riconoscibile, fatto dalle solite inquadrature simmetriche e scenografie esageratamente finte, avesse ormai fagocitato le sue storie. Ormai si guarda di più come è stato realizzato il film e meno al suo messaggio o alla sua sostanza. Ormai tutto è estremizzato e questa cosa mi sta allontanando dal suo cinema che tanto mi aveva colpito ai suoi inizi.

È ovvio che è sempre bellissimo vedere così tanti attori noti in unico film e questo fa capire quanto sia bello lavorare con Anderson, anche perché per averli insieme tutti devono accettare il minimo sindacale di quattromila dollari a settimana e se ci sono attori e attrici che di solito prendono milioni che non vedono l’ora di tornare a lavorare continuamente con Wes vuol dire che è decisamente una grande esperienza ogni volta. Ma questo non toglie che sembra proprio che si divertano e si emozionino più loro nel realizzarlo che noi nel vederlo.

Spero che prossimamente Anderson possa tornare un po’ più alle sue prime idee e che possa abbandonare anche solo un po’ il suo stile così estremizzato, perché il cinema è fatto anche di estetica ma le emozioni contano molto di più.
(intanto potete trovare su Netflix i suoi nuovi cortometraggi tratti dai racconti di Roald Dahl)
