2° parte: “Voldemort, le origini – l’orfanotrofio, 1937.”

Nello scorso approfondimento abbiamo conosciuto Meorpe Gaunt, che muore in un orfanotrofio babbano poco dopo aver dato alla luce Tom Marvolo Riddle, chiamato così in onore del padre e del nonno. Tom cresce tra quelle mura senza sapere niente sui suoi genitori o sulla sua famiglia magica, senza sapere di essere un mago. Fino al giorno in cui Albus Silente si reca da lui per proporgli di entrare ad Hogwarts, in una scena che, sebbene velocemente, è riportata anche nel film “il principe mezzosangue”.
C’è un motivo per cui voglio dedicare un approfondimento a questo momento specifico: durante la conversazione tra i due, avvenuta in realtà in pochi minuti, ci sono moltissimi indizi sulla persona che Tom, a soli 11 anni, mostra di essere.

«Non le credo» ribatté Riddle. «Vuole farmi visitare, vero? Dica la verità!»
Pronunciò le ultime tre parole con forza impressionante: era un ordine, e sembrava che l’avesse impartito molte volte. I suoi occhi si erano dilatati e lui scrutava truce Silente, che non rispose e continuò a sorridere affabile. Dopo qualche istante Riddle smise di guardarlo, eppure era, se possibile, ancora più sospettoso. […]
«Io non sono pazzo!»
«Lo so che non sei pazzo. Hogwarts non è una scuola per pazzi. È una scuola di magia».
«Magia?» ripeté in un sussurro.
«Esatto» confermò Silente.
«È… è magia, quella che so fare?»
«Che cos’è che sai fare?»
«Di tutto» esalò Riddle. Un rossore eccitato gli salì dal collo alle guance incavate; sembrava febbricitante. «Muovo le cose senza toccarle. Faccio fare agli animali quello che voglio senza addestrarli. Faccio capitare cose brutte a chi mi dà fastidio. So ferirli, se voglio».

Gli tremavano le gambe. Barcollò in avanti e si risedette sul letto, fissandosi le mani, a capo chino, come in preghiera.
«Lo sapevo che ero diverso» sussurrò alle proprie dita tremanti. «Lo sapevo che ero speciale. Ho sempre saputo che c’era qualcosa».
«Be’, avevi ragione» disse Silente, che non sorrideva più, ma osservava Riddle con intensità. «Tu sei un mago».
Riddle alzò il capo. Il suo volto era trasfigurato: mostrava una selvaggia felicità, eppure per qualche ragione questa non migliorava il suo aspetto; al contrario, i suoi tratti finemente modellati sembravano più rozzi, la sua espressione quasi bestiale. […]
«Non ho denaro».
«A questo si può porre rimedio» ribatté Silente, ed estrasse dalla tasca un borsellino di pelle pieno di monete. «A Hogwarts esiste un fondo per aiutare chi ne ha bisogno a comprare libri e abiti. Forse dovrai accontentarti di libri e altre cose di seconda mano, ma…»
«Dove si comprano i libri di incantesimi?» lo interruppe Riddle, che aveva preso la pesante borsa di monete senza ringraziarlo, e stava osservando un grosso galeone d’oro.
«A Diagon Alley»rispose Silente. «Ho qui la tua lista dei libri e del necessario per la scuola. Posso aiutarti a trovare tutto…»
«Lei viene con me?» chiese Riddle, alzando lo sguardo.
«Certo, se tu…»
«Non ho bisogno di lei» tagliò corto Riddle. «Sono abituato a fare le cose da solo, vado sempre in giro per Londra per conto mio. Come si arriva in questa Diagon Alley… signore?» chiese, incrociando lo sguardo di Silente.
Silente consegnò a Riddle la busta con la lista delle cose necessarie e, dopo avergli spiegato con precisione come arrivare dall’orfanotrofio al Paiolo Magico, disse: «Tu riuscirai a vederlo, anche se i Babbani… la gente non magica… non possono. Chiedi di Tom il barista… è facile da ricordare, ha il tuo stesso nome…»
Riddle ebbe uno scatto irritato, come se cercasse di scacciare una mosca molesta.
«Non ti piace il nome ‘Tom’?»
«Ci sono un mucchio di Tom» borbottò Riddle. Poi, come se non potesse trattenere la domanda, come se gli venisse fuori suo malgrado, chiese: «Mio padre era un mago? Si chiamava anche lui Tom Riddle, mi hanno detto».
«Temo di non saperlo» rispose Silente con dolcezza.
«Mia madre non può essere stata magica, se no non sarebbe morta» disse Riddle, più a se stesso che a Silente.

Analizzando questa conversazione saltano all’occhio diversi dettagli inquietanti: Tom non è intimorito dalla figura adulta di Silente e prova a imporsi su di lui. Accoglie la notizia di essere un mago con selvaggia gioia, vantandosi delle magie (seppure spregevoli) che aveva imparato a controllare. È felice di aver trovato un nome a quella unicità che sentiva di avere e infastidito dall’avere qualcosa che lo accomuna con qualcun altro, sia pure solo nel nome (che infatti ripudierà presto). Non è grato né per l’occasione appena ricevuta, né per il denaro, né per la disponibilità di Silente ad aiutarlo con gli acquisti: gli è tutto dovuto, e non vuole condividere niente con nessuno.
Ipotizza erroneamente che sua madre fosse una babbana, per il semplice motivo che ha ceduto ad una debolezza umana come la morte: cosa che nell’età adulta lo porterà ad anelare all’immortalità, senza curarsi del “come”.
Infine dalla direttrice dell’orfanotrofio ci vengono forniti dettagli inquietanti di eventi che lo coinvolgono: un bambino con cui aveva avuto uno screzio ha trovato il suo coniglietto impiccato ad una trave troppo alta per essere raggiunta, e altri due bambini “non sono mai più stati gli stessi” dopo che Tom li portò ad esplorare una caverna sul mare (quella in cui in seguito nasconderà l’horcrux/medaglione, per la cronaca). Quindi Tom non aveva alcuna remora o rimorso nell’essere violento e crudele con gli altri bambini.

La figura dell’undicenne Tom è in netto contrasto con l’undicenne Harry, che accoglie con gioia, stupore e incredulità la notizia di essere un mago (“ma Hagrid…non posso essere un mago…voglio dire, sono solo Harry …solo Harry”).
Questa abissale differenza tra i due, che pure condividono tanto, si fa sempre più evidente una volta arrivati ad Hogwarts…ma di questo parleremo nel prossimo approfondimento.

Articolo di Virginia ❤